Giosuè Carducci

Alessandrina

Gelido il vento pe’ lunghi e candidi
Intercolonnii fería; su’ tumuli
Di garzonetti e spose
Rabbrividian le rose
Sotto la pioggia, che, lenta, assidua,
Sottil, da un grigio cielo di maggio
Battea con faticoso
Metro il piano fangoso;
Quando, percossa d’un lieve tremito,
Ella il bel velo d’intorno a gli omeri
raccolto al seno avvinse
E tutta a me si strinse:
Voluttuosa ne l’atto languido
Tra i gotici archi, quale tra’ larici
Gentil palma volgente
Al nativo oriente.
Guardò serena per entro i lugubri
Luoghi di morte; levò la tenue
Fronte, pallida e bella,
Tra le floride anella
Che a l’agil collo scendendo incaute
Tutta di molle fulgor la irradiano:
E piovvemi nel cuore
Sguardi e accenti d’amore
Lunghi, soavi, profondi: eolia
Cetra non rese piú dolci gemiti
Mai né sì molli spirti
Di Lesbo un dí tra i mirti.
Su i muti in tanto marmi la serica
Vesta strisciava con legger sibilo,
Spargéanmi al viso i venti
Le sue chiome fluenti.
Non mai le tombe sí belle apparvero
A me nei primi sogni di gloria
Oh amor, solenne e forte
Come il suggel di morte!
Oh delibato fra i sospir trepidi
Su i cari labri fiore de l’anima
E intraviste ne’ baci
Interminate paci!
Oh favolosi prati d’Elisio,
Pieni di cetre, di ludi eroici
E del purpureo raggio
Di non fallace maggio,
Ove in disparte bisbigliando errano
(Né patto umano né destin ferreo
L’un da l’altra divelle)
I poeti e le belle!
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