#ScrittoriItaliani
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –
Non credo che questo sia il fischio del bracconiere. C’è troppa nebbia. Comunque (qui son le carte) finite voi la partita. Io
Tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato ora so – ne son certo: non ci sono mai stato
Fermi! Tanto non farete mai centro. La Bestia che cercate voi, voi ci siete dentro.
Sei donna di marine, donna che apre riviere. L’aria delle mattine bianche è la tua aria di sale e sono vele
Ah, mio dio, Mio Dio, perché non esisti? Dio onnipotente, cerca (sfórzati)… almeno di esistere.
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Le parole. Già. Dissolvono l’oggetto. Come la nebbia gli alberi, il fiume: il traghetto.
Ricordo una chiesa antica, romita, nell’ora in cui l’aria s’arancia e si scheggia ogni voce sotto l’arcata del cielo.
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Hanno rubato Dio. Il cielo è vuoto. Il ladro non è ancora stato (non lo sarà mai) arrestato
Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure
Un semplice dato: Dio non s’è nascosto. Dio si è suicidato.
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare È stato tutto un restare
Quanti se ne sono andati... Quanti. Che cosa resta. Nemmeno il soffio.