25/12/20
Una febbre si alza, forse è la cura a ripianare le ferite, cintura intatta, estratta dalle cuoiose paludi rischiarite dai lampi.
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Le vibrazioni ti tengono alta, prima testo poi musica, in principio figlia ora madre, sola in una stanza vuota, senza fotografie, occhi, orecchie, bocca, tracciando la colonna vertebrale con il legno poggiato alla terra viva.
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Sparire vorrei per non pensarci più, sparire dovrei per non tornarci più, dove sei? quando il sole scivola la fine arriva, bianca ti riconosce la neve, intatta, come si deve.
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Una cura si alza, forse sono le notti a sbarrarmi l’intestino, tenue, estratto dalle suicide mosche rinsavite dai tarli.
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Un coro a ristabilire l’ordine, a riempire il vuoto che hai lasciato, partita per ogni dove, non so come, un’ultima volta parlarti per capirne il senso, di un alfabeto, lingua, verso, luce che filtra dalle mie costole.
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I fiori ritornano, l’erba ricresce, s’innesta un albero al giardino dei sordi, in cerchio a guardare quello che eri, non sei, la stella alle pozzanghere, la vigilia di natale, il regalo scartato, la sedia al tavolo.
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Aggiungeremo un grido a pasto per contenerti.
A chi è scomparso.
#poesiaitaliana