Fran Gonzalez

Il peso di due mondi

Non fu il destino a portarti a me,
né un capriccio del tempo e dei giorni;
fosti il lampo sulla terra assopita,
il vento che ha scosso i miei anni quieti.
 
Eppure,
con quale diritto pronuncio il tuo nome nell’ombra?
Quale dio permette che un uomo si spezzi in due,
con un cuore che batte in direzioni opposte?
 
Guardami.
Sono un albero dalle radici profonde,
rami che hanno dato ombra ad altri.
Sono la casa che il tempo ha costruito
con giorni di pioggia e notti di quiete.
 
Ma tu...
Tu sei la tempesta che non ho mai atteso,
l’aria che rifiuta di essere domata,
la giovinezza che mi ricorda
ciò che un giorno fui,
ciò che un giorno volli essere.
 
E tremo.
Tremo perché il desiderio non conosce età,
perché la tua risata è un’eco che non si spegne,
perché il mondo impone leggi che l’anima non comprende,
perché esistono sentieri che portano all’abisso
ma che ugualmente chiamano.
 
Dimmi, che farai se le mie mani cedono?,
se abbandono la riva che mi appartiene
e lascio che la marea mi trascini verso di te.
 
Saremo solo cenere dopo l’incendio?
O forse ci sono fiamme che ardono
senza consumare tutto?

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