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Cercando col cupido sguardo,
Tra il vel della nebbia terrena,
Quel sol che in sua limpida piena
4V’avvolge or beati lassù;
Il secol vi sdegna, e superbo
Domanda qual merto agli altari
V’addusse; che giovin gli avari
8Tesor di solinghe virtù.
A Lui che nell’erba del campo
La spiga vitale ripose,
Il fil di tue vesti compose,
12Del farmaco i succhi temprò;
Che il pino inflessibile agli austri,
Che docile il salcio alla mano,
Che il larice ai verni, e l’ontano
16Durevole all’acque creò;
A Quello domanda, o sdegnoso,
Perché sull’inospite piagge,
All’alito d’aure selvagge,
20Fa sorgere il tremulo fior,
Che spiega dinanzi a Lui solo
La pompa del candido velo,
Che spande ai deserti del cielo
24Gli olezzi del calice, e muor.
E voi che, gran tempo, per ciechi
Sentier di lusinghe funeste
Correndo all’abisso, cadeste
28In grembo a un’immensa pietà;
E come l’umor, che nel limo
Errava sotterra smarrito,
Da subita vena rapito,
32Che al giorno la strada gli fa,
Si lancia, e seguendo l’amiche
Angustie con ratto gorgoglio,
Si vede d’in cima allo scoglio
36In lucido sgorgo apparir;
Sorgeste già puri, e la vetta,
Sorgendo, toccaste, dolenti
E forti, a magnanimi intenti
40Nutrendo nel pianto l’ardir;
Un timido ossequio non veli
Le piaghe che il fallo v’impresse:
Un segno divino sovr’esse
44La man, che le chiuse, lasciò.
Tu sola a Lui festi ritorno
Ornata del primo suo dono;
Te sola più su del perdono
48L’Amor che può tutto locò;
Te sola dall’angue nemico
Non tocca né prima né poi;
Dall’angue, che appena su noi
52L’indegna vittoria compiè,
Traendo l’oblique rivolte,
Rigonfio e tremante, tra l’erba,
Sentì sulla testa superba
56Il peso del puro tuo piè.
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