Giovanni Boccaccio

Il Cancro ardea, passata la sest’ora

Il Cancro ardea, passata la sest’ora,
spirava zefiro e il tempo era bello,
quieto il mar, e in su’ lito di quello,
in parte dove il sol non era ancora,
 
vid’io colei, che ‘l ciel di sé innamora,
e ’n più donne far festa: e l’aureo vello
le cingea 'l capo in guisa che capello
del vago nodo non usciva fuora.
 
Neptuno, Glauco, Forco e la gran Teti
dal mar lei riguardavan sì contenti,
che dir parevon: “Giove, altro non voglio”.
 
Io, da un ronchio, fissi agli occhi lieti
sì adoppiati aveva e sentimenti,
ch’un sasso paravamo io e lo scoglio.

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