Fuggite, egre mie cure, aspri martiri,
Sotto il cui peso giacque oppresso il core,
Ché per albergo or mi destina Amore
Di nova speme e di più bei desiri.
Sapete pur che, quando avvien ch’io miri
Gli occhi infiammati di celeste ardore,
Non sostenete voi l’alto splendore
Né ’l fiammeggiar di que’ cortesi giri,
Quale stormo d’augei notturno e fosco
Battendo l’ali innanzi al dí che torna
A rischiarar questa terrena chiostra.
E già, se a’ certi segni il ver conosco,
Vicino è il sol che le mie notti aggiorna,
E veggio Amor che me l’addita e mostra.