È vostra colpa, donna, o mia sventura
Che nel fido animale a me soggetto
La fede amiate, e nel fedel mio petto
L’abbiate a sdegno, ov’è sí bella e pura?
Ed io l’ho per ragione ei per natura,
Pur egli v’è sí caro io sí negletto:
Egli nutrito con pietoso affetto,
Di pascer le mie voglie alcun non cura.
Ma, s’a la fede mia cotanto noce
Quel suo lume immortale onde s’informa,
Ben ch’egli sia del ciel sí nobil dono,
Deh! potess’io di can prender la forma;
E lusingando omai con altra voce
Chieder pietà di cui sí degno io sono.