#ScrittoriItaliani (XVI Rime secolo)
Egli è pur troppo a rimirarsi intorno chi con la vista ancide i circustanti sol per mostrarsi andar diporto attorno. Egli è pur troppo a chi fa notte il gior… scurando il sol co’ vaghi e be’ sembiant…
Tu ha’ ’l viso più dolce che la sapa, e passato vi par sù la lumaca, tanto ben lustra, e più bel c’una rapa; e’ denti bianchi come pastinaca, in modo tal che invaghiresti ’l papa;
S’i’ avessi creduto al primo sguardo di quest’alma fenice al caldo sole rinnovarmi per foco, come suole nell’ultima vecchiezza, ond’io tutt’ardo… qual più veloce cervio o lince o pardo
Ben mi dove’ con sì felice sorte, mentre che Febo il poggio tutto ardea, levar da terra, allor quand’io potea, con le suo penne, e far dolce la morte. Or m’è sparito; e se ’l fuggir men forte
S’avvien che spesso il gran desir promet… a’ mie tant’anni di molt’anni ancora, non fa che morte non s’appressi ognora, e là dove men duol manco s’affretta. A che più vita per gioir s’aspetta,
Non posso altra figura immaginarmi o di nud’ombra o di terrestre spoglia, col più alto pensier, tal che mie voglia contra la tuo beltà di quella s’armi. Ché da te mosso, tanto scender parmi,
Ogni van chiuso, ogni coperto loco, quantunche ogni materia circumscrive, serba la notte, quando il giorno vive, contro al solar suo luminoso gioco. E s’ella è vinta pur da fiamma o foco,
Qui son chiusi i begli occhi, che aperti facén men chiari i più lucenti e santi; or perché, morti, rendon luce a tanti, qual sie più ’l danno o l’util non siàn…
Mentre i begli occhi giri, donna, ver’ me da presso, tanto veggio me stesso in lor, quante ne’ mie te stessa miri. Dagli anni e da’ martiri
Carico d’anni e di peccati pieno e col trist’uso radicato e forte, vicin mi veggio a l’una e l’altra morte, e parte ’l cor nutrisco di veleno. Né propie forze ho, c’al bisogno sièno
Se l’alma vive del suo corpo fora, la mie, che par che qui di sé mi privi, il mostra col timor ch’i’ rendo a’ vivi: che nol po far chi tutto avvien che mora…
Ora in sul destro, ora in sul manco pied… variando, cerco della mie salute. Fra ’l vizio e la virtute il cor confuso mi travaglia e stanca, come chi ’l ciel non vede,
Rendete agli occhi mei, o fonte o fiume, l’onde della non vostra e salda vena, che più v’innalza e cresce, e con più le… che non è ’l vostro natural costume. E tu, folt’aïr, che ’l celeste lume
Veggio co’ be’ vostr’occhi un dolce lume che co’ mie ciechi già veder non posso; porto co’ vostri piedi un pondo addosso, che de’ mie zoppi non è già costume. Volo con le vostr’ale senza piume;
Da maggior luce e da più chiara stella la notte il ciel le sue da lunge accende… te sol presso a te rende ognor più bella ogni cosa men bella. Qual cor più questa o quella