#ScrittoriItaliani
E gli alberi e la notte non si muovono più Se non da nidi.
Il carnato del cielo sveglia oasi al nomade d’amore
E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare
Stella, mia unica stella, Nella povertà della notte, sola, Per me, solo rifulgi, Nella mia solitudine rifulgi; Ma, per me, stella
Con fuoco d’occhi un nostalgico lupo Scorre la quiete nuda. Non trova che ombre di cielo sul ghiacci… Fondono serpi fatue e brevi viole.
Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio?
M’illumino d’immenso.
Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti
In nessuna parte di terra mi posso accasare
Nude, le braccia di segreti sazie, A nuoto hanno del Lete svolto il fondo, Adagio sciolto le veementi grazie E le stanchezze onde luce fu il mondo. Nulla è muto più della strana strada
Tutto ho perduto dell’infanzia E non potrò mai più Smemorarmi in un grido. L’infanzia ho sotterrato Nel fondo delle notti
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
Morire come le allodole assetate sul miraggio O come la quaglia passato il mare nei primi cespugli
Nelle vene già quasi vuote tombe L’ancora galoppante brama, Nelle mie ossa che si gelano il sasso, Nell’anima il rimpianto sordo, L’indomabile nequizia, dissolvi;
Sei comparsa al portone In un vestito rosso Per dirmi che sei fuoco Che consuma e riaccende. Una spina mi ha punto