O bella a’ suoi be’ dì Rocca Paolina
Co’ baluardi lunghi e i sproni a sghembo!
La pensò Paol terzo una mattina
Fra il latin del messale e quel del Bembo.
–Quel gregge perugino in fra i burroni
Troppo volentier—disse—mi si svia.
Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni.
Io suo vicario avrò l’artiglieria.
Coelo tonantem canta Orazio, e Dio
Parla fra i nembi sovra l’aquilon:
Io dirò coi cannoni: O gregge mio,
Torna ai paschi d’Engaddi e di Saron.
Ma poi che noi rinovelliamo Augusta,
Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro
Degno di Roma, degna del luo gusto,
E del ponteficato nostro d’oro. –
Disse: e il Sangallo alla fortezza i fianchi
Arrotondò qual di fiorente sposa:
Gittolle attorno un vel di marmi bianchi,
Cinse di torri un serto all’orgogliosa.
La cantò il Molza in distici latini;
E il paracleto nella sua virtù
Con più che sette doni ai perugini
in bombe e dai mortai pioveva giù.
Ma il popolo è, ben lo sapete, un cane,
E i sassi addenta che non può scagliare,
E specialmente le sue ferree zane
Gode nelle fortezze esercitare;
E le sgretola; e poi lieto si stende
Latrando tu le pietre ruinate,
Fin che si leva e a correr via riprende
Verso altri sassi ed altre bastonate.
Così fece in Perugia, ove l’altera
Mole ingombrava di vasta mole il suol,
Or ride amore e ride primavera,
Ciancian le donne ed i bambini al sol.
E il sol nel radïante uzzurro immenso
Fin degli Abruzzi al biancheggiar lontano
Folgora, e con desio d’amor più intenso
Ride ai monti dell’Umbria e al verde piano.
Nel roseo lume placidi sorgenti
I monti si rincorrono fra loro,
Sì che sfumano in dolci ondeggiamenti
Entro vapori di vïola e d’oro.
Forse, Italia, è la tua chioma fragrante,
Nel talamo, fra due mari, seren,
Che sotto i baci dell’eterno amante
Ti freme effusa in lunghe anella al sen?
Io non so che si sia, ma di zaffiro
Sento ch’ ogni poniero oggi mi splende.
Sento per ogni vena irmi il sospiro
Che fra la terra e il ciel sale e discende.
Ogni sospetto novel con una scossa
D’antico affetto mi saluta il core,
E la mia lingua per sè stessa mossa
Dice alla terra e al cielo Amore, amore.
Son io che il cielo abbraccio, o dall’ interno
Mi riassorbe l’universo sè?...
Ahi, fu una nota del poema eterno
Quel ch’io sentia e picciol verso or è.
Dai vecchi umbri che foschi tra le gole
Della’Apennino s’amano appiattare;
Dalle tirrene acropoli che sole
Stan su’ fioriti clivi a contemplare;
Dai campi onde tra l’armi e l’ossa arate
La sventura di Roma ancor minaccia;
Dalle rocche tedesche appollaiate
Sí come falchi a meditar la caccia;
Dai palagi del popol che sfidando
Surgon neri e tuttiti intorno a lor;
Dalle chiese che al ciel lunghe levando
Marmoree braccia pregano il Signor;
Dai borghi che s’affrettan di salire
Allegri verso la cittade oscura,
Come villani c’ hanno da partire
Un buon raccolto dopo mietitura;
Dai conventi tra i borghi e le cittadi
Cupi sedenti al suon delle campane,
Come cuculi in fra gli alberi radi
Cantanti noie ed allegrezze strane;
Dalle vie, dalle piazze glorïose,
Ove, come del maggio ilare ai dí
Boschi di quercie e cespiti di rose,
La libera de’ padri arte fiorí;
Per le tenere verdi messi al piano,
Pe’ vigneti su l’erte arrampicati,
Pe’ laghi e’ fiumi argenteï lontano,
Pe’ boschi sopra i vertici nevati,
Pe’ casolari al sol lieti fumanti
Fra stridor di mulini e di gualchiere,
Sale un cantico solo in mille canti,
Un inno in voce di mille preghiere:
–Salute, o genti umane affaticate!
Nulla trapassa e nulla può morir.
Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate.
Il mondo è bello e santo è l’avvenir. –
Che è che splende su da’ monti, e in faccia
Al sole appar come novella aurora?
Di questi monti per la rosea traccia
Passeggian dunque le madonne ancora?
Le madonne che vide il Perugino
Scender ne’ puri occasi dell’ aprile
E le braccia, adorando, in su 'l bambino
Aprir con deità cosí gentile?
Ell’è un’altra madonna, ell’e un’idea
Fulgente di giustizia e di pietà:
Io benedico chi per lei cadea,
Io benedico chi per lei vivrà.
Che m’importa di preti e di tiranni?
Ei son più vecchi de’ lor vecchi dei.
la maledissi al papa or son dieci anni,
Oggi col papa mi concilierei.
Povero vecchio, chi sa non l’assaglia
Una deserta volontà di amare!
Forse ci ripensa la sua Sinigaglia
Sì bella a specchio dell’adriaco mare.
Aprite il Vaticano. Io piglio a braccio
Quel di sé stesso amico prigionier.
Vieni: alla libertà brìndisi io faccio:
Cittadino Mastai, bevi un bicchier.