Giosuè Carducci

Eolia

Lina, brumaio torbido inclina,
Ne l’aer gelido monta la sera:
E a me ne l’anima fiorisce, o Lina,
La primavera.
In lume roseo, vedi, il nivale
Fedriade vertice sorge e sfavilla,
E di Castalia l’onda vocale
Mormora e brilla.
Delfo a’ suoi tripodi chiaro sonanti
Rivoca Apolline co’ nuovi soli,
Con i virginei peana e i canti
De’ rusignoli.
Da gl’iperborei lidi al pio suolo
Ei riede, a’ lauri dal pigro gelo:
Due cigni il traggono candidi a volo:
Sorride il cielo.
Al capo ha l’aurea benda di Giove;
Ma nel crin florido l’aura sospira
E con un tremito d’amor gli move
In man la lira.
D’intorno girano come in leggera
Danza le Cicladi patria del nume,
Da lungi plaudono Cipro e Citera
Con bianche spume.
E un lieve il séguita pe 'l grande Egeo
Legno, a purpuree vele, canoro:
Armato règgelo per l’onde Alceo
Dal plettro d’oro.
Saffo dal candido petto anelante
A l’aura ambrosia che dal dio vola,
Dal riso morbido, da l’ondeggiante
Crin di viola,
In mezzo assidesi. Lina, quieti
I remi pendono: sali il naviglio.
Io, de gli eolii sacri poeti
Ultimo figlio,
Io meco traggoti per l’aure achive:
Odi le cetere tinnir: montiamo:
Fuggiam le occidue macchiate rive,
Dimentichiamo.
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