Dèspota, andammo e combattemmo, sempre fedeli al tuo comandamento. Vedi che l’armi e i polsi eran di buone tempr… O magnanimo Dèspota, concedi al buon combattitor l’ombra del lauro,
FIGLIO della Cicala e dell’Olivo, nell’orto di qual Fauno tu cogliesti la canna pel tuo flauto, pel tuo sufolo doppio a sette fóri? In quel che ha il nume agresto entro un’…
Grazia del ciel, come soavemente ti miri ne la terra abbeverata, anima fatta bella dal suo pianto! O in mille e mille specchi sorridente grazia, che da la nuvola sei nata
Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscìo che fan le fogli… del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s’attarda a l’opra le… su l’alta scala che s’annera
Laudato sia l’ulivo nel mattino! Una ghirlanda semplice, una bianca tunica, una preghiera armoniosa a noi son festa. Chiaro leggero è l’arbore nell’aria.
Laudata sia la spica nel meriggio! Ella s’inclina al Sole che la cuoce, verso la terra onde umida erba nacque; s’inclina e più s’inclinerà domane verso la terra ove sarà colcata
Osposo della Terra venerando, è bello a sera noverare l’opre della domane e misurar nel cuore meditabondo la durabil forza. Veglio, la tua parola su me piove
Meco ragiona il veglio d’una spezie di pomi. E dice: “Nasce in arbore di mezzana statura, e fior bianchetto. La dolcezza del frutto
“Color di perla quasi informa, quale conviene a donna aver, non fuor misura.” Non è, Dante, tua donna che in figura della rorida Sera a noi discende? Non è non è dal cielo Beatrice
Un falco stride nel color di perla: tutto il cielo si squarcia come un velo. O brivido su i mari taciturni, o soffio, indizio del sùbito nembo! O sangue mio come i mari d’estate!
ROMÆ FVGIFERÆ DIC.. OVE sono i cavalli del Sole criniti di furia e di fiamma? le code prolisse annodate con liste
PACE, pace! La bella Simonetta adorna del fugace emerocàllide vagola senza scorta per le pallide ripe cantando nova ballatetta. Le colline s’incurvano leggiere
OMARINA di Pisa, quando folgora il solleone! Le lodolette cantan su le pratora di San Rossore e le cicale cantano sui platani
Bocca di donna mai mi fu di tanta soavità nell’amorosa via (se non la tua, se non la tua, presente) come la bocca pallida e silente del fiumicel che nasce in Falterona.
Ecco l’isola di Progne ove sorridi ai gridi della rondine trace che per le molli crete
TACI. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove
Imiei carmi son prole delle foreste, altri dell’onde, altri delle arene, altri del Sole,
Donna, ebbe il tuo nome una città murata della pulverulenta Argolide. E quivi era, dicesi, un sentier breve
Coglierai sul nudo lito, infinito di notturna melodìa, il maritimo narcisso per le tue nuove corone,
Nella pupilla tua, nel disco dell’occhio aurino la prua, l’acuta prua
Questa è la bella foce che oggi ha il color del miele, sì lene che l’Amore te l’accosta alle labbra come una tazza colma.
Nostra spiaggia pisana, amor di nostro sangue, vita di sabbie e d’acque silvana e litorana, o ferma creatura
Amezzo il giorno sul Mare etrusco pallido verdicante come il dissepolto bronzo dagli ipogei, grava
Su le Lame di Fuore, nel salso strame, nelle brune giuncaie, nell’erbe gialle, oziano a branchi
Omattin nuziale tra il Mar pisano e l’Alpe lunense! O nozze immense e brevi!
Svégliati, Ermione, sorgi dal tuo letto d’ulva, o donna dei liti. Mira spettacolo novo, gli Iddii appariti
L’IMMENSITÀ del duolo, del lutto immedicabile senza fine, terrestre fatta qual Niobe nell’umida rupe, quivi abitare sembra
UDIMMO in sogno sul deserto Gombo sonar la vasta bùccina tritonia e da Luni diffondersi il rimbombo a Populonia. Dalle schiume canute ai gorghi intorti
TUTTO il Cielo precipita nel Mare. S’intenebrano i liti e si fan cavi, talami dell’Eumenidi avernali. Nubi opache sul limite marino alzano in contro mura di basalte.
IO fui Glauco, fui Glauco, quel d’Antè… Trepidar ne’ precordii sentii la deità, sentii nell’intime midolle il freddo fremito della potenza equorea trascorrere
ERIGONE, Aretusa, Berenice, quale di voi accompagnò la notte d’estate con più dolce melodia tra gli oleandri lungo il bianco mare? Sedean con noi le donne presso il mare
GLAUCO, Glauco, ove sei? Più non ti… Ho perduto il sentiere, e il mio cavallo s’arresta. I pini, i pini d’ogni parte mi serrano. Agrio affonda nella massa degli aghi, come nella sabbia, fino
NON odi cupi bràmiti interrotti di là del Serchio? Il cervo d’unghia ne… si sépara dal branco delle femmine e si rinselva. Dormirà fra breve nel letto verde, entro la macchia folta,
VIMINE svelto, pieghevole Musa furtivamente fuggita del Coro lasciando l’alloro
NELLA cala tranquilla scintilla, intesto di scaglia come l’antica lorica
Melitta FULGE, dai maculosi leopardi vigilata, una rupe bianca e sola onde il miele silentemente cola quasi fontana pingue che s’attardi.
PRIMAMENTE intravidi il suo piè str… scorrere su per gli aghi arsi dei pini ove estuava l’aere con grande tremito, quasi bianca vampa effusa. Le cicale si tacquero. Più rochi
OGRANDE Estate, delizia grande tra l… tra così candidi marmi ed acque così soa… nuda le aeree membra che riga il tuo san… odorate di aliga di rèsina e di alloro, laudata sii,
NON temere, o uomo dagli occhi glauchi! Erompo dalla corteccia fragile io ninfa boschereccia Versilia, perché tu mi tocchi. Tu mondi la persica dolce
QUASI era vespro. Atteso avea soverch… alla posta del cervo, quatto quatto fra le canne; e vinceami l’uggia. A un t… vidi l’uom che natava in mezzo al Serchi… Un uomo egli era, e pur sentii la pelle
ODERBE, approda un fiore d’asfodelo! Chi mai lo colse e chi l’offerse al mare… Vagò sul flutto come un fior salino. O Derbe, quanti fiori fioriranno che non vedremo, su pè fulvi monti!
Implorazione. ESTATE, Estate mia, non declinare! Fa che prima nel petto il cor mi scoppi come pomo granato a troppo ardore. Estate, Estate, indugia a maturare
ESPERO sgorga, e tremola sul lento vapor che fuma dalla Val di Magra. Un vertice laggiù, nel cielo spento ultimo flagra. Emulo della stella e della vetta,
SPEZZATE i flauti. Il lino che conne… le canne è quel medesmo degli astuti lacci, e la cera troppo sa di miele. Il suono puerile è breve oblio pel cor prestante che non ama il gioco
IL Tritone squammoso mi fu mastro. S’accoscia su la sabbia ove la schiuma bulica; e al sole la sua squamma fuma. Giùngogli ov’è tra il pesce e il dio l’i… Ha il gran torace azzurro come il glastr…
ALPE di Luni, e dove son le statue? I miei spirti desìan perpetuarsi oggi sul cielo in grandi simulacri. O antichi marmi in grandi orti romani! Stan per logge e scalèe di balaustri,
OLEANDRO d’Apollo, ambiguo arbusto che d’ambra aulisci nell’ardente sera; melagrano, e il tuo rosso balausto quasi fiammella in calice di cera; nautico pino, e il tuo scaglioso fusto