Dalla raccolta "Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire"© di Francesco D'Addino.
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Svuotai il cuore, dalle emozioni ch’ in fondo lei non avrebbe capito. Ed ordinai da bere a quell’ oste,
Confidammo agli astri le nostre paure, e dèi ebbero pena dei nostri cuori malconci Rigidi i tendini,
Suppellettile di vetro catturi le attenzioni degli amicali visi o, di chi entra nella magione Suggestive le tue sfaccettature
Uscì il sangue dalla bianca luna, ed io n’ ammirai il fondo dagli occhi per riuscire ad avere un sentore di verità. E consumai il tempo
Si mosse l’ inquieta anima come un’ onda nel mare di notte e camminò sulle distanze dentro all’ onirico Prigioniera esistenza
Liberai il pensiero dalle spire del serpente, quando dagli occhi di un altro essere percepii la paura,
Fogli bianchi quadri appesi storti cuori senza battiti anime orfane luci traballanti
Ventre amato e dolci natiche, tengono il tempo in un amoroso rifugio In sospeso: fra il cuore
L’arcigna bufera indomita soffia e pare infinita fra i giunchi e i tetti di tegole rotte.
Ad est nascerà la vita, ed i sogni ricominceranno. Poi nella notte però,
Nello specchio del tempo, ho carpito l’essenza del mio più intimo sogno Era un silenzio fatto di pace
Salimmo fra vertigini fino alla fine del mondo, e a fuoco marchiammo le anime e i cuori come se fossimo stati
La corteccia ruvida di un albero è pari nel ricordo, ad un viso ch’ invecchiato mostra segni di vita e di gioia come speranze ambrate
Alberi spogli viran lontano ai più remoti pensieri, e nel vento il sogno placa l’animo
E nella notte all’ orizzonte artiglio di luna che graffia l’ anima.