Dalla raccolta "Pane al pane, vino al vino" © di Francesco D'Addino
La madre fissò la natura del figlio reietto quand’ il demonio, col suo respiro ansimante circui’ il cuore
Comignoli di mattoni rossi gettano fumi grigi, mentre i sogni per la vita si diradono come gli alberi spogli
Al crepuscolo dell’esistenza intravidi luce sull’ ultimo sogno splendere fioca Respirai il gelo
Muoiono anime sotto alle bombe accendono cieli schegge di un verso muto Di fronte alla morte
Frammenti di sogno, reminiscenza così fragile e antica legata alla vita da un filo invisibile alla qual è concessa la luce,
Toglierò dal cuore il rosso sangue dell’amore, or nero e cosparso di vermi per fetida putrefazione! Leverò in alto i calici
Dalla panchina nel viale sorgere han veduto infinite albe, quei cento e più occhi che ora saranno stelle
Gli occhi sfiorano l’Infinito e il cuor geme, tant’è forte il ricordo di giorni d’Estate pieni a scaldar pensieri su carovane immaginarie
L’ Estate terminò nelle vedute fiammeggianti di un sol bianco dal brillío assai carico, e tacque la terra, il cielo ed il… nel veder l’amor terminare
Luna gravida di speranze, e noi esseri feti di sangue rappreso sulle vulcaniche bocche, dopo aver spento
La corteccia ruvida di un albero è pari nel ricordo, ad un viso ch’ invecchiato mostra segni di vita e di gioia come speranze ambrate
Leggeremo al sole versi di Neruda e ci rinfrancheranno lo spirito dagli oblii.
Ricordo dei bianchi giorni ove petali inebriaron d’essenza il più fugace dei pensieri, nella strana estate adornata da lucciole e fate.
Darei al cuore un altro battito, se solo fossi vera: Stella nelle mille notti buie. Darei alla coscienza
Udendo il vento sperai suggerisse la vita, mutilai il dolore in piccole gocce