on listening -
Le conchiglie non si arrugginiscono mai, mi dicevi. Allora perché non me ne hai mai regalata una? Sento l’eco del tuo nome sbattere come onde del mare sulle pareti del mio cuore ogni qualvolta avvicino il tuo ricordo al mio petto, che ormai sa di ferro misto a ruggine e amaro rimpianto. Io lo so perché le conchiglie non si arrugginiscono mai. Perché sono vuote. E chi è vuoto non può essere avvolto dalla patina della nostalgia. Ma perché non me ne hai mai regalata una? Avessi avuto la sfacciataggine di un’adolescente impertinente ti avrei chiesto: e tu? Tu arrugginiresti con me? E con la timidezza di una bambina ti avrei posto le mani a cucchiaio e ti avrei lasciato infettare la tua nostalgia come un virus sulla mia pelle, per avere ancora un grammo di te in me. E avrei usato quella conchiglia, soltanto per farti ascoltare il respiro che farei se ti avessi dentro di me. Ma a te la ruggine ha spezzato le ossa ancor prima di stenderti sulla sabbia e sentire coi polpastrelli la fugacità del tempo. Mi hai accarezzato la nuca di flebili desideri che a ripensarci sapranno solo le stelle sopra noi, piccole nebulose, ricordi quando volevi unirle sui miei seni? Scoppiavamo a ridere, poi scopavamo per esistere. E forse io con una conchiglia ti graffiai pure il viso e ti chiesi scusa. Ma sai l’amore mi rende fragile, non docile, e tu lo vedesti. Tu li vedesti quei lati spigolosi, un po’ duri, un po’ cristalli. Tu avevi paura di rimuoverli con la tua ruggine.
Le conchiglie non si arrugginiscono mai, mi dicevi. Allora perché non mi hai bagnato con il tuo sale? Perché non sei rimasto accanto, se non eri poi così letale?