Ada Negri

Alla sbarra

La donna volge i freddi occhi velati
su l’inquieta folla che la guarda.
La sua bocca ha una smorfia un po’ beffarda.
Sotto l’altera maschera bugiarda
vibra un fascio di nervi esasperati.
 
Ella non dice: No.—Confessa tutto,
tutto, l’ora, la via, l’uccisïone
fulminea, il perchè di passïone,
il perchè d’odio.—Solita canzone....
Non abbassa la donna il ciglio asciutto.
 
Non ispera, nè invoca essere assolta.
Porta in sè la sua pena, il suo rimorso,
livida impronta di ferino morso
su membra vive, sin che duri il corso
della vita.—Nel cuore è già sepolta.—
 
Che vuol dunque da lei quella togata
gente che l’attanaglia con indagine
acuta, e scruta le gelose pagine
delle sue notti d’ombra, e la compagine
squarcia della sua carne disperata?...
 
Che vuol dunque da lei quell’altra gente
trepida, verso il suo pallor protesa
coi più torbidi sensi, e nell’attesa
di più torbidi e rei palpiti, presa
dall’odore del sangue, inconsciamente?...
 
L’antica anima tragica che dorme
in ogni petto, su ogni fronte appare.
Chi or non vide, nel sogno, dentro un mare
di sangue il suo nemico boccheggiare,
e non tremò nel desiderio enorme?...
 
Tra la folla e la donna ondeggia il vampo
della ferocia originaria: sale
per vena e vena la follia del male:
d’un’angoscia inconfessa ognun trasale,
sotto le ciglia ogni pupilla ha un lampo.

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